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I tavoli partecipativi: prima mappatura dei bisogni territoriali (insoddisfatti)

Nel periodo Gennaio-Maggio 2024 sono stati attivati nei due quartieri incontri a carattere bisettimanale (il martedì alle 15.00) a Corviale e Tor Bella Monaca di concerto con l’Assessorato alla Scuola, Formazione e Lavoro del Comune di Roma. Gli incontri si sono tenuti alla Scuola Melissa Bassi per il quartiere di Tor Bella Monaca e presso il Club House dello stadio del rugby per Corviale.

In questa fase l’obiettivo è stato quello di coinvolgere gli attori sociali del territorio in una lettura qualitativa dei bisogni territoriali insoddisfatti che in chiave occupazionale possono rappresentare domanda di lavoro aggiuntiva, ovvero nuove occasioni di lavoro in favore di categorie svantaggiate ma non solo. In questo senso la lettura dei bisogni è stata propedeutica a raccogliere evidenze utili a tracciare una prima mappa dei lavori utili ai due quartieri, a partire dal confronto con chi nel territorio è attivo e a stretto contatto con i bisogni emergenti.

Il metodo utilizzato per condurre i tavoli è stato quello dell’open space technology, una particolare tecnica partecipativa utilizzata per esplorare e condividere idee di volta in volta discusse all’interno di tavoli tematici a cui partecipano gli attori del territorio (dalle parrocchie, al volontariato, terzo settore, cooperative, PMI). Questa tecnica è stata adattata alle specifiche esigenze del progetto. L’obiettivo è raccogliere idee, discutere in profondità dei bisogni scoperti ma anche sollecitare i partecipanti a proporre soluzioni nuove rispetto a temi che di volta in volta proponiamo in base al macro tema discusso. Nei primi incontri sono stati riepilogati gli obiettivi del progetto, anche in riferimento a progetti pilota che sono in corso di sperimentazione in altri paesi europei (e con cui è stata costruita una rete internazionale, di cui Roma è capofila per l’Italia). In seguito abbiamo iniziato a lavorare per tavoli tematici (welfare, benessere e cultura, sviluppo territoriale). Ogni incontro ha una parte di lavoro in sottogruppi e una parte in plenaria. Tutti discutono di tutto, pensando alle ricadute occupazionali potenziali e al tipo di lavoro che va attivato per rispondere ai diversi bisogni che mettiamo al centro del lavoro di analisi e mappatura.

Il percorso che si è concluso a Maggio 2024 ha preso le mosse e si è integrato con il lavoro dei tavoli di co-programmazione attivato dall’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Roma, iniziato nel mese di Ottobre 2023 e conclusosi a Dicembre 2023. Gli esiti della co-programmazione hanno costituito una utile base di partenza per la discussione sui tavoli tematici dei Territori a Disoccupazione Zero, con una specifica rappresentata dal focus sempre orientato alle ricadute occupazionali dei progetti oggetto della co-programmazione. Il percorso è stato inoltre integrato con la discussione sul Piano Sociale di Zona, grazie alla partecipazione di referenti del servizio sociale municipale. Infine, c’è stato un lavoro di stretto raccordo con i piani della rigenerazione urbana, ovvero con i PUI (Piani Urbani Integrati). Territori a Disoccupazione Zero è parte delle azioni immateriali della rigenerazione urbana, essa stessa un volano potenziale per l’attivazione di nuova occupazione e nuova domanda di lavoro a partire dalle ricadute sul territorio degli interventi di riqualificazione su edifici e spazi urbani.

Il lavoro nei tavoli partecipativi a Corviale e Tor Bella Monaca

Corviale

Il PUI di Corviale punta a ridisegnare il quadrante come quartiere a sé stante all’interno del quale potenziare servizi e attività, economiche, sociali, culturali, a servizio della comunità che già può contare su una fitta rete di realtà sociali auto-organizzate e anche alcune esperienze (come la cooperativa di comunità Eudecop) che rappresentano un punto di riferimento per la promozione di forme di cooperazione comunitaria innovative. La rigenerazione urbana di Corviale punta a intervenire sul patrimonio abitativo e sulla rifunzionalizzazione di immobili dismessi o sottoutilizzati. Gli investimenti sono diretti in questo senso a potenziare i servizi di prossimità, anche attraverso la promozione di iniziative condivise per lo sviluppo territoriale e attività, economiche e sociali, improntate alla sostenibilità in ambito tecnologico che ambientale, intorno all’Incubatore d’impresa INCIPIT, il Centro polivalente Nicoletta Campanella, Trancia H (Piano terra), Piazzetta delle arti e dell’artigianato, Sale condominiali. Il progetto di Corviale prevede anche la rigenerazione degli spazi aperti, degli impianti sportivi e la valorizzazione del verde a margine tra città e campagna.

Corviale è un quartiere con forti difficoltà e, al tempo stesso, ricco di potenzialità, date dalla presenza di attori sociali consapevoli e partecipativi e da un territorio ampio e ricco di verde pubblico, che può facilmente essere adoperato per attività sportive, culturali e collettive. Tra le difficoltà maggiormente riscontrate, vi sono il disagio economico, la vulnerabilità e la solitudine, che attraversano, in forme e modalità differenti i giovani, gli adulti e gli anziani, il disagio assistenziale e la difficoltà di accesso ai servizi e, più in generale, a strumenti di emancipazione individuale e collettiva.

Proprio a partire da queste analisi, durante gli incontri è emersa la necessità di ridefinire e rivalorizzare il lavoro, in senso ampio. Gli attori sociali che partecipano ai tavoli di discussione manifestano la necessità di uscire da un paradigma produttivista del lavoro, per dare maggiore spazio anche a lavori relazionali, di cura e prossimità. Importante, però, dovrebbe essere rivalorizzare lavori attualmente sottopagati e poco desiderabili, una “economia territoriale della cura” in senso ampio la potremmo definire, attenta alla cura del prossimo, all’inclusione sociale, alla cura dell’ambiente e alla valorizzazione delle reti sociali auto-organizzate del territorio. È in questa cornice che emerge la volontà di fare rete, una rete di organizzazioni di quartiere che sia di stimolo alla cooperazione e all’emancipazione sociale.

A partire da queste considerazioni, numerose sono state le proposte discusse nei tavoli di lavoro, che sono attualmente ancora in corso. Gli assi di riferimento possono essere così sintetizzati:

  • Cura e welfare di comunità:

la cura e il welfare di comunità sono un volano di creazione di nuova occupazione e uno strumento di emancipazione, per le persone che fruiscono dei servizi e anche per chi è in cerca di nuova occupazione. I servizi ad alta integrazione socio-sanitaria sono fondamentali per dare risposte appropriate ai nuovi bisogni assistenziali (in particolare della popolazione anziana che a Corviale ha una forte incidenza) e per creare lavoro qualificato nelle filiere della continuità assistenziale. Ma anche il welfare cosiddetto “leggero” o a bassa soglia può rappresentare un volano di inserimento lavorativo, specialmente per le fasce meno qualificate o prive di particolari skills. Un welfare di comunità forte e integrato è un presidio di inclusione sociale e lavorativa. A questo fine, è forte la necessità e la volontà di costruire una rete territoriale tra le varie organizzazioni del quartiere a partire dalle risorse sociali ed ambientali dello stesso quartiere. A partire quindi dall’analisi di un mancato incontro tra l’aumento di bisogni e rischi sociali e le offerte disposte dalle istituzioni per rispondere a tali bisogni (mancanza di fondi da parte delle istituzioni, impossibilità da parte delle cooperative di coprire tutte le necessità), sono state individuate varie proposte. Tra queste la necessità di attivare la Casa della comunità, pensando a quale possa essere la posizione ottimale in termini di accessibilità; l’attivazione di un condominio sociale, pensato come un condominio con varie professionalità in grado di rispondere ai bisogni della popolazione. Rispetto al sostegno ai ragazzi dopo i diciotto anni si è parlato della Casa dei mestieri e dell’Educativa di strada, una risposta emergenziale di strada animata da educatori, in grado di raggruppare i ragazzi in difficoltà e indirizzarli, aiutandoli a trovare un proprio percorso. Tra le professioni individuate vi sono educatori, assistenti sociali, infermieri e professioni legate alla sanità, servizi a bassa soglia e la costruzione o la riqualificazione di luoghi relazionali di condominio. A partire da questo, le occupazioni individuate potrebbero essere: educatori, psicologi, infermieri, assistenti sociali, personale per aiuto compiti e operatori socio-sanitari. È stato inoltre proposto un portierato sociale di condominio (uno spazio da intendere per la fruizione di servizio socio-sanitari e culturali, di cura e benessere, meno istituzionale e più relazionale), collegato al segretariato sociale municipale e alle varie realtà territoriali attive in questi ambiti. Le possibili occupazioni sarebbero in questo caso educatori, psicologi, accompagnatori, infermieri, OSS e operatori socio-culturali. Importante è l’integrazione con la componente tecnologica, anche nell’ottica dell’assistenza di condominio. L’obiettivo di valorizzare la comunità, ripensare il modello di assistenza attuale e fornire servizi più prossimali ed efficienti.

Uno dei problemi più volte discusso nel corso degli incontri è la bassa scolarizzazione degli abitanti del quartiere, che non sempre hanno i requisiti per accedere a corsi di formazione che richiedono almeno il diploma. I soggetti usciti precocemente dai sistemi educativi e intenzionati ad entrare nel mercato del lavoro, possono invece essere coinvolti in azioni comunitarie in cui non c’è bisogno necessariamente di competenze elevate. Questo aumenterebbe le pratiche di cura, di assistenza e di solidarietà, oltre che immettere nel mercato del lavoro soggetti che ne vengono spesso esclusi. Per rivalorizzare questa occupazione e dunque renderla maggiormente desiderabile, occorre valorizzare quanto più possibile la comunità: non puntare quindi solo sulla formazione e qualificazione del singolo ma considerare il ruolo del singolo all’interno della collettività. In questo modo si andrebbero a valorizzare sia il singolo lavoratore sia le pratiche di cura comunitarie.

  • Cultura, benessere e comunicazione:

Oltre all’attenzione posta alla cura socio-assistenziale, il lavoro dei tavoli ha dato molto risalto al ruolo della cultura. Nonostante le forti fragilità, il quartiere offre su questo aspetto molteplici potenzialità. Vi è infatti uno spazio, il Mitreo, che mette insieme artisti e anche percorsi performativi e formativi all’audiovisivo e alla informazione-comunicazione. Molteplici sono i progetti dall’alto potenziale produttivo e occupazionale che possono essere incubati a partire dalla valorizzazione di queste esperienze (tecnici di studio, fonici, montatori video, video maker, redattori, registi, artisti, montatori, esperti di nuove tecnologie 3.0, IA, effetti speciali) che a Corviale hanno già un punto di riferimento nel Mitreo. Ma anche altre organizzazioni sociali presenti sul territorio sperimentano iniziative di creatività e inclusione a partire da diverse forme artistiche e culturali. Nei vari incontri è emerso spesso il tema della cultura in relazione all’emancipazione personale e collettiva. Considerando il disagio sociale ed economico, il crescente individualismo e la crescente solitudine, dai vari tavoli è emerso spesso il ruolo della cultura come processo di emancipazione e rigenerazione collettiva. Molta attenzione è stata in questo senso dedicata alla cultura come strumento di identificazione con il territorio, attraverso per l’appunto il teatro, il cinema e le arti visive come luogo di formazione, inclusione e di emancipazione per i bambini, per gli adulti, per persone con disabilità. Ma cultura è anche il cibo, così come le occasioni di socialità (dal basso) che nel quartiere non mancano. Questa è a tutti gli effetti una potenziale filiera anche di nuovo lavoro, all’interno di un calendario di iniziative fatte dal quartiere per il quartiere. Si è fatto quindi riferimento all’emporio solidale come luogo di cultura e socializzazione da un lato e di copertura dei bisogni dall’altro. Infine, si è fatto riferimento alla Bottega delle idee, uno spazio di attività produttive e culturali in cui lavorare manualmente. Essenziale per il territorio è la creazione di eventi strutturati e legati al territorio, che diano un senso di continuità e di partecipazione territoriale. A partire da questo ci si è interrogati sul ruolo di tale rete e di come costruire insieme progetti di sussidiarietà. L’idea è quella di creare uno spazio comunitario, che funzioni da ecosistema volto a valorizzare le azioni e gli obiettivi dei singoli attori sociali e delle singole associazioni a favore, però, dell’intera comunità. L’idea è dunque quella di utilizzare un Polo civico che funzioni da agenzia di sviluppo e coordinamento territoriale, che sia un luogo (non solo fisico) in cui i soggetti si incontrano, programmano e progettano insieme lo sviluppo territoriale, eliminando le competizioni e favorendo invece la collaborazione, anche a partire dalla valorizzazione degli investimenti previsti dei PUI (compreso l’intervento sull’incubatore d’impresa Incipit). L’incubatore potrebbe configurarsi in questa accezione come luogo non solo di accelerazione di startup e imprese ad alto contenuto tecnologico, ma altresì come luogo di valorizzazione e messa in rete di startup sociali e delle realtà economiche già attive sul territorio, anche grazie alla collaborazione con il centro di formazione professionale (CFP). L’ibridazione tra saperi e logiche di impresa così diversi può costituire un punto di forza non solo della rigenerazione ma anche rispetto alla creazione di nuove filiere produttive che partono da quello che già si fa nel quartiere.

  • Aree verdi e green economy (sociale):

Nel corso degli ultimi incontri è emerso con forza il tema delle aree verdi, come vero punto di forza (potenziale) dello sviluppo territoriale. Anche in questo caso a partire dalle iniziative che già sono in corso. Corviale ha molte aree verdi che si prestano a una riqualificazione in ottica produttiva: agricoltura sociale, fattorie sociali, ippoterapia, orti urbani e compostaggio di comunità. Su questo aspetto la discussione è ancora aperta essendo i tavoli del progetto ancora in corso (vedi prossimo incontro del 14 maggio 2024).

Tor Bella Monaca

Il lavoro nei tavoli è integrato con il percorso di co-programmazione dell’Assessorato alle politiche sociali e con il Piano Sociale di Zona in discussione attraverso appositi incontri presso l’assessorato municipale. Allo stesso tempo è integrato con gli interventi previsti dai PUI (Piani Urbani Integrati). Le fasce più vulnerabili della popolazione residente sono tra i principali target di progetto che, tuttavia, non è limitato solo a questo. Il lavoro dei tavoli guarda alla comunità nella sua interezza e questo significa creare occasioni di lavoro sia per le fasce più deboli e difficili da ricollocare, sia per quelle con più chances di entrare o rientrare nel mercato del lavoro. Tor Bella Monaca è uno dei quartieri di Roma più a rischio vulnerabilità ed esclusione sociale tra bassa occupazione femminile, alti tassi di inattività (soprattutto giovanile e femminile), cattiva occupazione (in settori deboli, a bassa produttività, dove è alta l’incidenza del lavoro povero e sommerso, come fatto non episodico o contingente, ma strutturale), disagio abitativo, abbandono scolastico e povertà educativa.

L’area grigia illegale-criminale è una realtà con cui si confronta il quartiere nella sua interezza. È un circuito informale (anche di assistenza e contrasto alla povertà) con cui quotidianamente si confronta l’altra comunità che anima il quartiere, quella che lavora per portare legalità, diritti, educazione alla cittadinanza, servizi, prossimità e cura. Cura delle fasce più marginali, dei giovani che abbandonano la scuola, cura del territorio, dei beni comuni. Il rafforzamento di questa rete è il prerequisito indispensabile di una qualsivoglia strategia occupazionale territoriale.

I temi che sin qui sono ricorsi più frequentemente nella delineazione di una prospettiva occupazionale per il quartiere, riguardano il lavoro di comunità per favorire la messa in rete e la condivisione di progetti (sociali, culturali, ambientali) pensati per unire le varie realtà che operano nel quartiere, favorire la valorizzazione e il recupero di professionalità artigiane, e rispondere ai fabbisogni formativi e occupazionali emergenti in conseguenza della “messa a terra” dei Piani Urbani Integrati (PUI).

Il PUI per l’ambito Tor Bella Monaca-Tor Vergata prevede interventi mirati per il miglioramento della qualità dello spazio pubblico e la valorizzazione del patrimonio archeologico che insiste nell’area vasta. Promozione e valorizzazione del patrimonio culturale tangibile e intangibile locale, efficienza energetica e rinnovo degli impianti, investimenti per le infrastrutture sociali e socio-sanitarie, eliminazione delle barriere architettoniche, mobilità sostenibile e connessioni/riconnessioni tra le diverse parti urbane, sono gli assi portanti del PUI.

Ai fini delle ricadute sociali e occupazionali meritano particolare interesse gli interventi sugli spazi di Viale dell’Archeologia per diversificarne le funzioni sin qui legate alla (sola) residenzialità. La riconversione delle unità alloggiative in strutture di cohousing, ma soprattutto l’inserimento di nuovi spazi di prossimità, per l’inclusione e l’aggregazione di quartiere, a cui si aggiungono gli spazi di coworking (al cui interno organizzare, tra le altre cose, corsi di formazione nel campo delle energie e dell’ambiente), la valorizzazione delle aree a verde e il progetto per la realizzazione del “Museo delle Periferie”, sono tutti interventi potenzialmente in grado di stimolare la creazione di lavoro. Ma questo lavoro necessariamente deve integrarsi con le aspettative e i bisogni insoddisfatti del territorio.

Proprio a partire dalla necessità di intervenire per valorizzare tutte le occasioni di nuovo lavoro che possono scaturire dagli impatti generati dai processi di rigenerazione urbana in corso, durante gli incontri è emerso quanto importante sia lavorare anche per ridefinire il senso e il valore del lavoro. Molti dei lavori di prossimità e comunità che sono stati discussi (in ambito sociale, assistenziale, agricolo/ambientale, culturale) hanno prima di tutto una valenza comunitaria. Sono utili alla comunità, ma spesso soffrono di scarsa riconoscibilità e desiderabilità sociale perché spesso sottopagati o precari. Senza di essi è impensabile, tuttavia, rispondere alle emergenze sociali che si sono stratificate nel tempo.

A questo fine i partecipanti ai tavoli evidenziano la necessità di costruire alleanze nel territorio perché le emergenze territoriali diventino occasione di nuovo lavoro e nuovo protagonismo sociale (anche in chiave occupazionale) lungo i seguenti assi:

  • Welfare territoriale e di comunità:

Lo sviluppo di filiere di servizi di welfare in risposta ai bisogni sociali emergenti non solo contribuisce a creare lavoro qualificato (per professioni sociali e socio-sanitarie), ma può attrarre e integrare in servizi di prossimità, servizi leggeri, servizi di comunità, persone con bassi livelli di scolarizzazione o in condizioni di fragilità strutturale da reintegrare, rimotivare, far sentire partecipi. Il lavoro di costruzione del Piano Sociale di Zona è un elemento qualificante da portare a integrazione nella strategia territoriale occupazionale. L’integrazione tra servizi complessi e servizi di comunità è la chiave di volta, così come lo è l’attivazione di progetti di innovazione sociale che a partire dal lavoro delle realtà sociali che operano nel territorio, favorisca l’emergere di progettualità congiunte a beneficio della comunità e delle fasce più svantaggiate. A questo fine serve la rete, servono servizi complessi e una comunità attivante che lavori sulla concentrazione dei bisogni (di prossimità) perché questi bisogni diventino non solo domanda di lavoro potenziale, ma anche azioni utili per rafforzare il senso di appartenenza alla comunità di cui ci si prende cura.

  • Valorizzazione del patrimonio agricolo, archeologico e culturale del quartiere:

Il patrimonio archeologico e agricolo territoriale possono rappresentare un volano di sviluppo e creazione di nuova occupazione sul territorio, se pensati in una logica di integrazione con gli interventi previsti dai PUI e di valorizzazione del lavoro svolto dalle realtà sociali già presenti sul territorio.

  • Promozione di iniziative condivise per lo sviluppo locale:

Il territorio di Tor Bella Monaca soffre di problemi riguardanti tanto l’offerta quanto la domanda di lavoro. Gli alti tassi di disoccupazione si accompagnano a bassi livelli di istruzione, alti livelli di abbandono scolastico e un accesso al mondo del lavoro frammentato. La maggior parte delle esperienze lavorative (di chi riesce ad accedere al mercato del lavoro formale) si rilevano nei settori delle pulizie e lavoro domestico, edilizia, ristorazione, estetica, cura delle persone, commercio, trasporti e logistica. Specularmente la domanda di lavoro territoriale è caratterizzata da una elevata frammentazione delle unità produttive (più del 75% delle aziende presenti sul territorio è di piccole dimensioni, più del 50% sono aziende individuali). Il percorso di co-programmazione ha messo in evidenza la necessità di azioni integrate per il miglioramento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro (anche valorizzando alcune progettualità già presenti sul territorio ad opera di associazioni e reti del terzo settore) e il potenziamento degli sportelli di orientamento al lavoro e inserimento lavorativo, attraverso la creazione di un Polo unico per il lavoro e la formazione. In particolare è stata segnalata lanecessità di dotare il quartiere di un Centro di formazione professionale (C.F.P.) e un Centro per l’istruzione degli adulti (CPIA) che possa garantire l’acquisizione del titolo minimo di istruzione. Queste azioni orientate all’offerta, devono necessariamente integrarsi con interventi sulla domanda di lavoro territoriale. Date le caratteristiche di fondo (elevata presenza di piccole e micro-imprese), è importante lavorare su progetti per il trasferimento di “saperi” artigiani, laboratori professionalizzanti per la costituzione di piccole imprese e attività individuali (in particolare per giovani, adulti, ex detenuti), ma anche imprese sociali e cooperative (anche a partire da quelle che già insistono sul territorio) per conseguire due obiettivi fondamentali: da un lato avviare al lavoro o in un percorso di inserimento lavorativo “regolare” chi è ai margini del mercato del lavoro e della comunità; dall’altro promuovere la creazione di iniziative “comunitarie” in grado di produrre nuovi impatti occupazionali. A titolo d’esempio possono essere considerate in questa chiave tutti quegli interventi di “prossimità” che a partire da occasioni di convivialità, socializzazione, tempo libero, eventi culturali, ma anche piccolo commercio di quartiere (mercati, empori solidali), possono produrre nuovo lavoro per il quartiere, favorendo al tempo stesso senso di appartenenza, partecipazione e valorizzazione del tessuto associativo.